Un incontro per scoprire la storia degli Spedali Civili di Brescia. E’ quello che si è svolto all’Archivio di Stato durante l’assemblea dei soci partecipanti della Fondazione Spedali Civili di Brescia
Oltre 200 mappe e centinaia di documenti che raccontano la storia degli Spedali Civili di Brescia sono quelli custoditi all’interno dell’Archivio di Stato. Una preziosa raccolta, che si aggiunge a quella conservata nella biblioteca dell’ospedale cittadino, che può essere consultata da studiosi e appassionati. Si scopre così, ad esempio, che fin dalla sua apertura nel 1447 l’Ospedale Nuovo Grande oltre ad occuparsi dei malati accoglieva neonati e bambini, di cui si prendeva cura insegnando loro un mestiere e provvedendo alla dote per le ragazze.
Sono alcune delle ‘scoperte’ che hanno fatto i soci partecipanti della Fondazione Spedali Civili nella loro assemblea annuale, che si è svolta nei giorni scorsi proprio all’interno dell’Archivio di Stato di Brescia. «Abbiamo voluto immaginare un momento di incontro che non prevedesse solo l’enumerazione dei progetti svolti e di quelli in cantiere – ha spiegato la presidente Marta Nocivelli -, ma che raccontasse anche di quanto il nostro ospedale sia radicato sul territorio e del ruolo fondamentale che svolge da secoli».
Ad illustrare alcuni dei documenti del Fondo degli Spedali Civili sono stati Angelo Brumana, presidente dell’Associazione bibliofili bresciani Bernardino Misinta e Giuseppe Merlo, archivista e storico dell’arte, grazie a Debora Piroli, direttrice dell’Archivio, che ha messo a disposizione la sala. «Al proprio interno – ha illustrato Brumana – l’ospedale prevedeva un servizio di baliatico per l’allattamento dei neonati abbandonati od orfani e, quando, al contrari
o i neonati venivano accolti nelle famiglie delle balie, di cui molto spesso entravano a far parte per sempre, i membri del Consiglio di reggenza dell’ospedale accertavano la moralità di chi se ne faceva carico dall’atto dell’affidamento fino alla loro maggiore età».
«E’ stato davvero interessante scoprire – aggiunge Marta Nocivelli – che, alla metà del ‘500 grazie al legato Giovanni Ducco, morto senza eredi, per sua espressa volontà, dell’ospedale fu istituita una vera e propria scuola con un maestro incaricato di insegnare matematica, latino, teologia e filosofia. Ma anche sapere che durante la pestilenza del 1575-77 l’ospedale, che tra l’altro rappresentava il principale centro economico della città, accolse 390 malati (101 forestieri e 289 bresciani). Già allora l’ospedale bresciano mostrava la vocazione che ne ha fatto oggi un importante centro di cura e ricerca».
Durante l’incontro, al quale ha partecipato fra gli altri il neo vice sindaco di Brescia Federico Manzoni in rappresentanza del Comune fra i soci partecipanti della Fondazione, Giuseppe Merlo ha poi mostrato una pergamena miniata del 1459 la cui parte manoscritta comprende due bolle papali. La più antica (1446) concedeva l’indulgenza plenaria a chi avesse contribuito senza compenso alla costruzione dell’ospedale, la successiva (1458) la concedeva a chi si fosse fatto carico del mantenimento di bambini esposti od orfani allevati all’interno dell’ospedale.
Prima della chiusura dell’incontro i partecipanti hanno, poi, potuto ammirare le tavole preparatorie del Vantini per la realizzazione del monumento (avvenuta poi nel 1860) che svetta sui Ronchi e che i bresciani conoscono come la Tomba del cane, un monumento voluto dal ricco commerciante Angelo Bonomini che lasciò in eredità agli Spedali Civili l’intero suo patrimonio.